”Il viticoltore – scrive il regista Jonathan Nossiter – è il cugino di campagna di tutti gli artisti che scrivono, dipingono, filmano, ballano e scrivono musica, e per questo motivo il vino è una specie di museo vivente, il testamento di uno specifico pezzo di terra”. Il vino è dunque cultura quando viene prodotto, ma è cultura anche quando viene consumato, perché non si sceglie mai un vino solo in base a criteri pratici o nutrizionali, lo si sceglie anche secondo un universo di usi, costumi e simboli, che ci inducono a riflettere sulla sua provenienza, sulla sua essenza e sulle emozioni che ci regala.
Del resto per noi italiani, e in generale per tutti gli abitanti d’Europa, il vino non è mai stato esclusivamente una delle variabili del computo calorico quotidiano, così come non è mai stato semplicemente una merce. Ha sempre rappresentato una parte integrante della nostra cultura e identità, testimone e strumento dell’avanzata della civiltà.
Come alimento il vino ci racconta una storia, soprattutto popolare, segnata fino a tempi relativamente recenti da fame e privazioni, in cui anch’esso era cibo, nutrimento calorico: “’L vino fa bòn sangue, l’acqua fa tremà le gambe”, recita un vecchio proverbio toscano. Ma è soprattutto in quanto portatore di molteplici significati e simboli che il vino ci parla degli uomini e della loro cultura. Da quando l’uomo ha incontrato la vite, infatti, ha avuto un rapporto particolare con questa pianta, plasmando paesaggi, tradizioni, linguaggi, valori e simboli sulla sua coltivazione e sul suo utilizzo.
“Il vino – scrive l’antropologo Ernesto Di Renzo – testimonianza, delle abilità trasformatrici dell’uomo sul dominio della natura, […] ha costantemente rivestito una posizione di centralità economica ed alimentare fin dal suo esordio nella storia; una centralità che, con il progressivo accrescimento dei consumi, è andata via via ampliandosi fino ad oltrepassare i confini della sfera dei bisogni, spingendosi nel campo del mito, delle pratiche religiose, dell’arte, della musica e dell’immaginazione poetico-letteraria”.
Nel corso dei millenni il vino si è dunque caricato di forti e ben connotate valenze culturali, in virtù delle quali è stato diffuso dapprima in tutto il bacino del Mediterraneo, grazie ai Greci, successivamente in tutta Europa, sulla spinta dei Romani prima e del cristianesimo poi – che ne espansero commercio e coltivazione fino agli estremi confini -, arrivando persino a valicare gli oceani alla conquista di nuovi mondi.
Nei tralci della vite, nei processi di produzione e trasformazione del vino è dunque possibile leggere tutta la storia delle genti dell’Italia, e in generale del Mediterraneo, delle loro economie e strutture sociali, dei loro saperi e poteri, delle loro ideologie e simbologie. Il vino ci parla della cultura e degli uomini che l’hanno prodotto, dei loro valori etici ed estetici, delle loro cosmogonie, per questo rientra a pieno titolo, al pari di lingua o arte, nella definizione di patrimonio culturale inteso come testimonianza, materiale o immateriale, avente valore di civiltà.
È anche grazie a questa componente culturale se la vitivinicoltura italiana rappresenta oggi uno dei fattori chiave del successo del made in Italy nel mondo. Nonostante il momento economicamente non facile, in cui dalle tavole degli italiani – secondo quanto riportato da Coldiretti all’ultimo Vinitaly – è sparito un bicchiere di vino su cinque e i consumi sono scesi al minimo storico dall’Unità d’Italia, il vino italiano si è infatti dimostrato estremamente vivace, restando la prima voce dell’export agroalimentare con un fatturato in constante crescita (secondo le stime il 2021 si chiude con un +15%, per un valore complessivo di oltre 5,5 miliardi di euro).
Cos’hanno in comune la Primavera di Botticelli, il Giudizio Universale della Cappella Sistina di Michelangelo, la Medusa di Caravaggio, la Cappella del Barolo di David Tremlett e Sol LeWitt (Ceretto), Ousser di Koo Jeong A. (La Raia)? Sono tutti, con i dovuti distinguo, esempi di mecenatismo. Antico e contemporaneo. Se in passato, infatti, i mecenati erano politici, grandi casati o uomini di chiesa che accoglievano all’interno della loro corte artisti del tempo, proteggendoli e finanziando le loro opere, oggi sono sempre di più i casi di grandi nomi della viticoltura, che si confrontano e interfacciano con il mondo dell’arte. Ed è attorno alle cantine che – come un tempo avveniva intorno ai Palazzi – sorgono le nuove corti artistiche.
Le dimore dove si producono vini meravigliosi, fino agli anni 90 erano solo cantine, poi la consapevolezza dei produttori è aumentata come è aumentato il bisogno di esprimere il proprio lavoro in modo non solo fisico con un prodotto, ma poter contribuire a creare qualcosa che andrà oltre la solita bottiglia, dove rimarrà nel tempo e lascerà una traccia nella storia.
Questa consapevolezza deriva dalla maturazione del pensiero proprio come il vino matura nelle botti. Il Viticoltore si trasforma e conferma la sua lungimiranza con l’arte da tramandare verso il futuro.
Il vino diventa protagonista di un percorso rivolto alle nuove generazioni, un’eredità che viene costruita nel tempo e servirà per finanziare il suo reincarnarsi perpetuo.
Nella vita ognuno di noi attraversa momenti felici e momenti difficili, momenti prosperi e momenti di crisi, abbiamo le nostre grandi storie d’amore e le nostre grandi sofferenze, ma in ogni caso una forza interiore ci guida verso il futuro, facendoci affrontare ogni giorno una nuova avventura da vivere appassionatamente.
Personalmente ho avuto molti momenti negativi, ma non mi sono mai fermato, ho sempre guardato avanti con lo stesso entusiasmo e sempre con la consapevolezza che dai momenti difficili avrei imparato a godere delle piccole vittorie che prima o poi sarebbero arrivate.
Ho la fortuna di avere una moglie con cui ho sempre condiviso il mio lavoro e mi ha sempre supportato. Ho tre figlie meravigliose che sono in salute e danno grandi soddisfazioni, i figli che tutti i padri hanno sognato nel momento del test di gravidanza positivo.
Tutti noi abbiamo pensato molte volte: non ce la faccio, questo è troppo, non è possibile andare avanti… molti eventi non si possono evitare: ti travolgono, ti sconvolgono, ti cambiano. Ogni evento positivo o negativo rafforza il proprio percorso, da nuova luce e nuovi stimoli, basta guardare la vita con gli occhi del cuore e cercare la parte positiva dell’evento con la consapevolezza che solo facendo qualcosa di costruttivo per gli altri, si avrà la forza di affrontare il futuro.
È con questo spirito che nasce Hereditarium, un progetto che vuole essere di aiuto a chi vuole esprimere la propria arte, ma per motivi diversi non ha avuto le possibilità di farlo.
Un progetto finalizzato a creare valore non solo monetario, ma il valore tangibile dell’arte considerata come eredità per le generazioni future, un sogno nel cassetto finalmente venuto alla luce con i suoi colori e le sue sfumature a simboleggiare la parte positiva di ognuno di noi.
Le botti, dove le eccellenze enologiche affinano e trovano armonia, proprio come il carattere dentro di noi nel percorso della vita, diventano così un supporto per esprimere il pensiero e il desiderio di lasciare una traccia.
I Tondi con la loro forma armonica hanno fatto da sostegno all’Arte nella storia. Tra i vari possiamo ricordare la Madonna del Magnificat di Botticelli, il Tondo Doni di Michelangelo, i tondi in ceramica invetriata dei Della Robbia, la Madonna della Seggiola di Raffaello, gli evangelisti di Pontormo, la Medusa di Caravaggio, il Bagno Turco di Ingres, le leggiadre donne di Mucha, le composizioni geometriche di Delaunay, l’autoritratto di Escher, fino ai vari esperimenti di Haring e Hirst. Artisti che con il loro lavoro hanno guidato la creatività delle generazioni che li hanno osservati e studiati.
Il Tondo delle botti diventa così uno spazio pittorico rotondo, Le figure, infatti, dovranno assecondare il perimetro scegliendo di adattarsi ad una cornice che non ha base né altezza. Un dipinto dentro un cerchio, dunque, non è semplicemente una scena ritagliata da una circonferenza, ma un’immagine che trova un suo equilibrio armonico dialogando con la forma che la contiene.
Le vendemmie scandiscono il passare degli anni, non sono mai uguali, cambiano le condizioni, le temperature, i colori ed i tempi. E proprio come le vendemmie ogni anno cambieranno le condizioni, le prospettive e le aspettative dei temi da sviluppare sulla rotondità dei supporti. Verranno date le tracce da seguire che dovranno essere sviluppate in piena libertà e con l’utilizzo di tecniche diverse, ma sempre sullo stesso supporto.
Potranno partecipare al concorso sia i giovani delle scuole dell’arte che professionisti, ma tutti avranno le stesse condizioni da rispettare e lo stesso iter da seguire.